A lezione dal Capitano Ultimo

Emozionante e coinvolgente l’incontro con Capitano Ultimo, parte integrante delle numerose iniziative che la scuola organizza nell'ambito dell'Educazione civica

Il Colonnello Sergio De Caprio, meglio noto come Capitano Ultimo, ha incontrato i nostri studenti e le nostre studentesse e ha parlato con loro di legalità e contrasto alla criminalità.

Umiltà, onestà e semplicità, i valori sui quali ha posto l’attenzione: appresi in famiglia, da bambino, esercitati ogni giorno sul campo con coerenza, ed evidenti mentre parlava con i giovani, arrivando dritto al cuore, col suo modo di esprimersi diretto ed efficace.

Il celebre ospite ha ripercorso i momenti salienti che hanno condotto alla decapitazione della “cupola” di Cosa nostra e alla cattura di Totò Riina, attribuendo questo risultato importante al duro lavoro e al profondo legame di amicizia e fratellanza che accomunava lui e la sua squadra. Con la voce ferma e forte di chi ancora crede nei principi che lo hanno guidato, ha spiegato perché è chiamato Ultimo: perché proveniva dalle fila dei carabinieri di basso grado, che certa stampa faziosa, a quei tempi, cercò persino di sminuire, minandone la credibilità e il lavoro, e che alcuni poteri forti cercarono di ostacolare. Ultimo, ancora, come gli emarginati che aiuta mediante l’associazione di volontariato che ha fondato a Roma, in periferia, sul cui sito www.volontaricapitanoultimo.it/ si legge che “tutte le iniziative, tutte le attività, tutti i prodotti realizzati, sono destinati alla sopravvivenza di persone emarginate e abbandonate”.

Questo il significato profondo della cittadinanza attiva, nelle parole del Colonnello: donarsi! Donare agli altri tempo e impegno con amore e dedizione, per non lasciare indietro nessuno e contribuire, nel proprio piccolo, a costruire una società migliore. Il senso e lo scopo del suo impegno nell’Arma e nella società civile si possono riassumere in: servizio, sacrificio e solidarietà.

Toccante il momento in cui si è rivolto ai ragazzi chiamandoli figli e fratelli e li ha esortati a essere integri e coraggiosi, per raccogliere il testimone della lotta alla criminalità e della costruzione di una società più equa. Ha ricordato, infatti, che nessun risultato positivo si può dare per scontato e che occorre rimanere sempre vigili, affinché le mafie e la mentalità mafiosa vengano combattute e sradicate. A questo scopo, ha sottolineato il ruolo imprescindibile dell’individuo e l’importanza dei legami all’interno della comunità, per agire come parte attiva nella società sana e onesta, strenuo baluardo contro corruzione, violenza e omertà.

Ha persino chiesto perdono, questo eroe umile, a nome degli adulti, per non aver fatto abbastanza, lasciando così alle giovani generazioni un mondo imperfetto, afflitto dall’egoismo e dall’interesse, attraversato da conflitti, terrorismo e criminalità.

La forza delle parole e la coerenza delle azioni, sorrette dal suo carisma e dalla sua profonda umanità, hanno catturato l’attenzione ed emozionato la numerosa platea, coinvolta in un dialogo serrato e ricco di spunti di riflessione, culminato nel messaggio con cui si è congedato: lo Stato siamo noi, ciascun individuo può e deve difendere la comunità dalla corruzione e dall’omertà a qualsiasi livello, anche politico e istituzionale. La legalità non può essere solo teorica, ma deve concretizzarsi, deve farsi azione per lottare giorno per giorno contro i comportamenti devianti che minano dall’interno l’esistenza stessa della società civile.