Relazioni, diritti e parità di genere

Venerdì scorso, 15 dicembre, le classi Quinte del nostro Istituto, insieme ai docenti accompagnatori, si sono recate al cinema Italia di Ancona per assistere alla proiezione della pluripremiata pellicola “C’è ancora domani”, la cui regia porta la firma della poliedrica Paola Cortellesi, qui in veste di regista, sceneggiatrice e attrice protagonista.

L’iniziativa, organizzata dalla Prof.ssa Stefania Angeletti, in qualità di F. S. Iniziative culturali e motivazionali per il supporto degli studenti, in collaborazione con il Dipartimento di Italiano, si è svolta in due fasi: la proiezione del film e il successivo dibattito, condotto dalle docenti di Lettere allo scopo di guidare le studentesse e gli studenti verso una più profonda comprensione del contesto storico, sociale e culturale dell’epoca ritratta e spronarli a condividere le loro riflessioni e opinioni in merito ai delicati temi trattati.

Tanti gli interventi di alunne e alunni, che hanno dimostrato interesse e grande sensibilità durante l’intera mattinata. Dapprima un silenzio quasi surreale ha avvolto la sala, rivelando l’attenzione con cui i nostri giovani hanno seguito la narrazione e si sono lasciati coinvolgere dalle dinamiche familiari di Delia e Ivano, dal brulicante quartiere romano di Testaccio, animato dall’attività del mercato rionale e delle tante botteghe artigiane, all’indomani della fine della Seconda guerra mondiale, lasciandosi trasportare anche nello spazio angusto del seminterrato in cui la famiglia dei protagonisti conduce una vita modesta e consuetudinaria tra la cura – della madre verso marito, figli e suocero - e i maltrattamenti, verbali e fisici, che ella subisce quotidianamente dal marito davanti ai familiari, che vi assistono con un misto di impotenza e rassegnazione; anche rabbia, nel caso di Marcella, la figlia in “età da marito”. Testimoni silenziosi sono anche la portinaia e i vicini di casa, che animano il cortile tra i caseggiati, il vivace spazio antistante il piccolo appartamento.

Tantissimi gli spunti di riflessione offerti dai giovani spettatori, all’inizio schivi, poi sempre più sicuri nell’impugnare il microfono per dare la propria personale chiave di lettura della realtà rappresentata sullo schermo. Qualcuno ha sottolineato la delicatezza e l’originalità delle scene di violenza domestica accompagnate dalla musica ed espresse come se fossero una danza; qualcun altro ha evidenziato l’originalità della colonna sonora, che comprende brani come "La sera dei miracoli" di Lucio Dalla, “M’innamoro davvero” di Fabio Concato e “A bocca chiusa” di Daniele Silvestri: canzoni moderne, che scandiscono i momenti più significativi della trama.

Tutti hanno notato l’efficacia della scelta di girare la pellicola in bianco e nero e l’interpretazione magistrale degli attori, soprattutto dei protagonisti: Paola Cortellesi e Valerio Mastandrea, intensi e credibili nei loro ruoli.

Molta attenzione ragazze e ragazzi hanno prestato alle notazioni socio-culturali, come la presenza dei soldati americani a Roma nel ’46, le differenze tra i ceti sociali, la solidarietà tra donne, il senso della riconoscenza e della reciprocità; ancora, l’impostazione patriarcale della famiglia, la scarsa considerazione della donna come individuo, cittadina e lavoratrice, la differente educazione impartita ai figli maschi e alle figlie femmine, la miseria diffusa e le enormi difficoltà affrontate dalle persone comuni per vivere e lavorare, i sacrifici a cui si sottoponevano per non far mancare il necessario ai figli, la differenza di salario tra uomo e donna a parità di mansioni svolte.

Dopo alcune osservazioni sul vecchio codice civile del 1942 - che subordinava per legge la moglie e i figli all’autorità del marito, pater familias - e sulla Costituzione repubblicana del 1946, in particolare gli articoli 3 e 37, fortemente voluti dalle Madri costituenti, che sanciscono, rispettivamente, l’uguaglianza giuridica di tutti i cittadini e il principio che la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni, che spettano all’uomo lavoratore, ci si è soffermati sull’epilogo del film, che chiarisce definitivamente il significato del titolo e mostra l’orgoglio e la dignità di Delia e di tutte le donne italiane che si recarono per la prima volta al seggio elettorale per il referendum e le elezioni politiche del 2 - 3 giugno 1946. Al di là delle differenze sociali e delle possibilità economiche, tutte uguali, finalmente cittadine a

pieno titolo, consapevoli che la loro opinione contava e che il loro voto valeva quanto quello di chiunque altro. Imbellettate, con indosso abiti nuovi e il rossetto, adorne come giovani innamorate che fremono prima di incontrare il loro uomo, queste donne, nella pellicola come avvenne nella realtà, andarono incontro a loro stesse, al futuro loro, delle figlie e delle nipoti, tagliarono il traguardo di una competizione sulla parità tra i generi, che non può ancora dirsi totalmente conclusa, ma che deve così tanto al contributo di quella generazione di donne forti, consapevoli e combattive. A questo proposito, è stata anche sottolineata dai ragazzi e dalle ragazze l’importanza dello studio e del lavoro come strumenti fondamentali per l’emancipazione femminile, che passa attraverso la cultura e l’indipendenza economica, e che nel film è esemplificata nel dono prezioso che Delia fa a sua figlia evitando che sposi un uomo benestante, ma prevaricatore, e offrendole il denaro necessario a riprendere gli studi, con i risparmi messi da parte di nascosto, distogliendo ogni giorno piccole somme dai modesti compensi che riceveva per tutti i lavori che svolgeva fuori casa per contribuire al bilancio familiare.

Studentesse e studenti si sono soffermati molto sugli aspetti relazionali evidenziati anche nella scena finale del film e hanno speso parole sagge riguardo alle dinamiche del femminile e del maschile, evidenziando come in questo cammino di definitiva liberazione della donna dallo stereotipo della cura e del ruolo di accudimento all’interno della famiglia, occorra una forte alleanza con gli uomini, affinché sostengano nel quotidiano le loro compagne, sorelle, madri e amiche, nel poter esprimere se stesse in tutti gli ambiti, senza che esse debbano affrontare da sole la fatica di conciliare tutti gli impegni, ma condividendo le incombenze del quotidiano, perché l’amore è donarsi, rispettarsi e sostenersi reciprocamente, non possedere l’altro.

Il film ha offerto la preziosa opportunità di immedesimarsi nei personaggi, nel contesto nel quale essi vivono e agiscono, comprendendone motivazioni, emozioni e sentimenti. Gli interventi e le osservazioni hanno posto in luce la maturità e la sensibilità dei nostri studenti e studentesse e il confronto tra molteplici punti di vista ha offerto tanti interessanti spunti di riflessione sui quali si avrà modo di dialogare in classe.